Gianpietro Séry
"adolescenza":
maturità in odore di crisi
Relazione
al seminario della Scuola Pratica di Psicopatologia
dello
Studium Cartello di Milano
17 dicembre
1999
E' impossibile iniziare con la battuta che "se non ci fosse l'adolescenza bisognerebbe inventarla": è impossibile perché purtroppo qualcuno già lo ha fatto (non la battuta, purtroppo, ma l'adolescenza…).
Prendo spunto da un aggettivo di un ragazzo di 16 anni il quale mi ha dichiarato solo pochi giorni fa che l' "adolescenza" è una cosa "paurosa": un vero inferno.
L'Overture del canto III della Divina Commedia, recita notoriamente:
"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate."
Si tratta di una minaccia o forse solo di un "consiglio" ? (per chi ha piacere di leggere Tex).
La tappa in cui evolve il viaggio della vita di Dante non prometterebbe nulla di meno di un vero inferno, se non per chi l'attraversi in grande fretta e con un buon socio in affari che si offre come maestro e guida.
D'altra parte ai tempi di Dante capitava che la porta della città recasse una qualche scritta riferita alla città stessa: anche qui si tratta della porta di una città.
L'accento è su una: città è invece un plurale nel Pensiero di Natura (le due città).
Entrare in una sola città la dice già lunga sull'inferno.
Anche la tappa della "adolescenza" non prometterebbe molto di più se davvero di tappa evolutiva si trattasse, sorta di esame di maturità della vita consumato in una diabolica tempesta ormonale, una vera "burrasca psico-biologica" come la descrive il Ministro della Pubblica istruzione, e per di più tutt'altro che frettolosamente e con discutibili guide come i cosiddetti "maestri" che "ci passa il convento" della scuola.
Leggiamo la descrizione di questo inferno adolescenziale con le parole dei "saggi" del Ministero: "l'anticipazione della pubertà espone gli individui alla burrasca psico-biologica, caratteristica del periodo puberale, in una fase in cui capacità cognitive, mondo (sfera) relazionale e percezione della propria identità, sono ancora quelle dell'infanzia, insieme a un sempre maggior ritardo dell'autonomia economica dei giovani…Ci troviamo dunque di fronte ad adolescenti soli, perduti in un deserto emozionale, e spesso privi della percezione di un futuro possibile, costruito in modo unitario, radicato su riferimenti valoriali e coordinate impegnative…Ci sono disturbi psico-comportamentali… che… possono non interessare categorie "a rischio" strettamente definibili, ma si presentano in modo comune e numericamente crescente, assumendo le connotazioni di patologie sociali o di disordini diffusi nella popolazione generale, con gradazioni di intensità del tutto variabili."Come dire: sbarco in Normandia con disturbi psico-comportamentali che colpiscono a caso come mitragliatrici di ignoti "nemiken".
Il contenuto patologico e patogeno di questo testo consiste nel pensiero della "carcassa biologica" in opposizione al pensiero del corpo e il pensiero della inevitabilità opposto al pensiero della imputabilità.
Passaggio completato con i conseguenti sottopassaggi:
- a "pubertà", si oppone "tempesta ormonale",
- al lavoro possibile del pensiero, si oppone una attesa di totale problematicità,
- alla possibile soluzione, si oppone la necessità di prevenzione (invidia che fa precedere il pensiero dell'altro),
- al lavoro per la soddisfazione dei rapporti, si oppone la assunzione di identità sessuale e accettazione del proprio corpo.
- al lavoro del riconoscimento e correzione dell'errore si oppone il concetto di "tappa inevitabile" della vita.
Da cui la risposta sociale ormai ovunque totalizzante della prevenzione come unica risorsa: ogni altra soluzione è resa impensabile.
Ed è proprio dentro il costante fallimento di ogni prevenzione che rimane pronunciabile il "consiglio" dell' Alighieri: "lasciate ogni speranza voi ch' intrate" nell'adolescenza !
Non ne uscirete bene (che non è davvero la parola di un padre…).(i brani sono tratti dal piano per gli interventi di educazione alla salute per l'anno scolastico 1997-1998)
2- NON SERVE LA CRITICA CHE PARTE E RIMANE NELLA LOGICA DELLA SFERA, MA OCCORRE UNA RICAPITOLAZIONE.
Ora, la tentazione più banale e banalizzante nel porsi di fronte al lemma "adolescenza" sarebbe quella di contestare quanto sopra, punto per punto, in base a nuove teorie, pur anche mutuate da innovative esperienze o quant'altro.
Ma questo comporterebbe il rischio di confermarla come una delle tante sfere.
Si potrebbe fare "la psicoanalisi adolescenziale", come la "psicoanalisi dell'educazione" o quant'altro: e si partirebbe ancora dall' errore.
A conferma di ciò ricordo che lo Studium Cartello nei suoi testi ha ben poche note alla voce di indice "adolescenza", voce che non compare neppure nell'elenco dei lemmi sul testo "il Pensiero di Natura" di Giacomo Contri.
Per primo Freud, usa il termine pochissime volte: preferendo "pubertà".
Il primo lavoro del mio pensiero sul tema di una critica dell' "adolescenza" è stato semplicemente quello di servirsi del lemma "adolescenza" per ricapitolarlo nel pensiero di natura.
Ricapitolarlo, invertendo in un certo modo i termini della questione.
Ho detto "semplicemente" nel senso che si dice anche dal divano quando qualche "complesso", come lo chiamava Freud, è riconosciuto dalla coscienza come qualcosa di semplice, di cui con stupore si prende atto essere già lì, disponibile.
Considero questa ricapitolazione, il passaggio fondamentale.
ECCO LA RICAPITOLAZIONE: IL BAMBINO, LUI, E' IL GIA' MATURO (SANO)
Ovvero: molti, quasi tutti, dicono che l'adolescenza sarebbe una tappa inevitabile della vita che attraverso la sofferenza e la fatica della costruzione di una identità di mente (autonomia) e identità di corpo (sessualità) renderebbe l'ancora bambino più vicino alla maturità.
Ecco: il primo lavoro da fare è quello di pensare tutto il contrario di ciò.
Pensare cioè:
il bambino come il già maturo,
e l' "adolescenza" come l'errore di rimanere ancora lì a elaborare un inganno, avendo interrotto un precedente lavoro di pensiero che stava invece andando benissimo.
La pubertà è un accadere nel corpo che coglie l'individuo in questa crisi legislativa.
Il tutto senza alcun bisogno di inventare un passaggio nord-ovest per l'adolescenza e tanto meno per la sessualità.
E' Raffaella Colombo (15 febbraio 1997 a Genova nel Seminario "la crisi del pensiero nel bambino nell'adolescenza, nell'adulto") a ricordare: "visto che la sessualità è, tra le astrazioni, quella che viene prima di ogni altra e rappresenta tutte le altre disorientando il pensiero, l'adolescenza viene facilmente fatta coincidere con una -ità nella vita: questa idea della adolescenza come tappa in cui nasce il problema della sessualità è una bestemmia."
Si è detto più volte anche in questa sede: solo il bambino e, quando va bene, l'adulto.
Niente tappe.
Giacomo Contri (1 aprile 1995 alla X lezione del Corso) ricordava che c'è una "concezione evolutiva del tempo" con adolescenza in mezzo e una "concezione sindacale" del tempo, come tempo del lavoro e del non lavoro: cioè due teorie sul tempo come categoria a priori" che eludono il pensiero della soddisfazione nel rapporto.
"Il nostro disegno del tempo della vita parte dalla maturità", cioè dal porsi della legge di moto del corpo enunciata nell' "allattandomi mia madre mi ha eccitato…" che è già piena maturità.Il secondo tempo consiste nel riacquistare la maturità di partenza che per crisi è stata perduta… secondo la novità del secondo giudizio" e senza esame di maturità.L'adulto, quando c'è, è colui che emerge ("e quindi uscimmo…") dalla correzione dell'errore indotto dall'inganno che corrompe la già piena competenza e maturità del bambino.Glauco Genga, nella stessa occasione, disse che "il percorso passa dall'infanzia alla maturità senza passare per l'adolescenza".
E che "se l'adolescenza è l'esplodere della sessualità nel corpo, allora adolescenza potrebbe essere un altro nome dell' errore patologico chiamato sessualità".
Sto dicendo che in una vita pensata come storia di accadimenti (dove inganno, errore e correzione dell'errore sono compresi), bambino e uomo sono rispettivamente:
- il bambino, la maturità iniziale del pensiero di natura
- l'uomo, la possibile (non prevedibile) conclusione soddisfacente dello stesso pensiero passato attraverso un errore corretto.
Quando dico "stesso pensiero", parlo di quel Pensiero di natura che consiste nella legge di soddisfazione o "principio di piacere" come è capitato a Freud di chiamarlo.
In una vita pensata così, l'adolescenza non ha più posto, di fatto non esiste neppure se non come invenzione maligna di una astratta tappa della vita di pari passo con l'altra maligna invenzione che trasforma i sessi nel complesso-problema e nella astrazione "sessualità".
Giacomo Contri (13 aprile 1996, XI lezione del Corso) cita l'adolescenza come concetto solo ottocentesco: invenzione di un nuovo ente, sempre nel pensiero della sfera, cioè di una fetta astratta di realtà ritagliata dall'universo dell'esperienza umana.
3- BASTEREBBE UN LAVORO DEL PENSIERO RIGUARDO L' ACCADERE DELLA PUBERTA', UN LAVORO AVENTE PER META UNA NUOVA SODDISFAZIONE
Se quindi certamente è lecito dire che non esiste l'adolescenza in quanto astrazione, esiste invece la pubertà, ma essa esiste, qui sta la differenza, come accadimento, come uno degli avvenimenti della vita che eccitano il pensiero ad una nuova elaborazione con meta di conclusione soddisfacente, uno degli avvenimenti che costituiscono una vocazione.
Una elaborazione che accolga e restituisca la nuova realtà come una ulteriore ricchezza, cioè come una ennesima possibile fonte di soddisfazione.
Ma occorre il pensiero giuridico della propria competenza per poterlo fare.
Al Seminario di Genova ("le impotenze e il passaggio alla guarigione", il 21 febbraio 1998) Pietro Cavalleri ricordava: "da che cosa è caratterizzata, patologicamente, questa condizione dell' "adolescenza" che di per sé sarebbe un veloce passaggio ?
E' caratterizzata dall'impossibilità in quel momento di disporre di una regola di giudizio nei propri rapporti, semplicemente ripetendo quella che fino a quel momento aveva tenuto, era servita.
Nel momento di passaggio della pubertà occorre in qualche modo rifare le mappe.
C'è una complessità in più.
La complessità del passare dall' essere figlio di re all'essere re in prima persona, cioè alla possibilità di pensare il proprio sesso come una componente del rapporto e all'autorizzarsi a viverlo, sebbene questo non voglia dire che ciò avvenga immediatamente.
Ma proprio nel momento in cui si è nella condizione di rielaborare i propri giudizi, accogliendo un elemento in più, ovvero lo sviluppo organico, proprio questo è il momento in cui il giudizio vacilla".
Perché deve essere riformulato.
Se la correzione riesce, si esce dall'adolescenza senza bisogno di essere legittimati da certi indicatori sociali quali il lavoro, la convivenza ecc.
"L'adolescente è colui che passato a elaborare il secondo giudizio, rinnega questo passaggio."
Basterebbe cioè elaborare il nuovo accadimento nella realtà e ri-pensarlo come una rinnovata possibilità di soddisfazione.
Solo nella patologia, penso che si ponga il problema di una presunta opposizione tra principio di piacere e principio di realtà.
Penso che essi siano in realtà divisi soltanto dal tempo e dallo spazio occorrenti per un lavoro soddisfacente (ancora una volta sbaglierebbe chi non cogliesse in Freud questa opposizione come descrizione della nevrosi).
Ancora G. Contri (15 febbraio 1997 al Seminario di Genova "la crisi del pensiero nel bambino, nell'adolescenza, nell'adulto"): " l'adolescenza non designa un individuo ma è una astrazione maligna".
"Di certo esiste il bambino: non dura tanto, cioè abbastanza presto comincia ad ammalarsi.
"Adolescenza" sarebbe il momento fiorito della crisi.
Secondo me l'etimo della parola adolescenza è un etimo gentile, da "adolescere", nel senso di profumo: purtroppo non corrisponde ai fatti.
L'adolescenza è un errore e non una tappa più o meno lunga (si passano 18 anni almeno nel ghetto fatto passare per epoca: danno e beffa)".
Se l'accadimento è la pubertà, "adolescenza" non sarebbe neppure lontanamente la parola adatta a designare quel poco tempo necessario al pensiero per guadagnare quell'accadimento come un accadimento soddisfacente per l'individuo.
Nelle società cosiddette primitive, quel tempo poteva anche essere la durata di una sola notte, la notte che l'apache (chi non ricorda "l'uomo chiamato cavallo") passava appeso per i pettorali: tempo sufficiente a dimostrarne con soddisfazione (sua e di tutti) il coraggio, come atto di passaggio dall'essere figlio del guerriero ad essere guerriero.
4- ALCUNI SINTOMI DELLA CRISI (CRISI GIA' PRESENTE PRIMA, COME MALATTIA E ORA "PARALIZZANTE" - FREUD - NEL LAVORO DEL PENSIERO RIGUARDO LA PUBERTA'):
4.1- NEL MOMENTO IN CUI DIVENTA POSSIBILE BIOLOGICAMENTE ESSERE A PROPRIA VOLTA PADRE, ECCO CONFERMATA LA RINUNCIA AD ESSERE FIGLIO ED EREDE: CIOE' DALLA PUBERTA' ALLA POVERTA' PASSANDO PER IL DIRITTO ASTRATTO DELLA PARITA'.
Considero il tempo seguente la pubertà, proprio perché assunto come tappa adol-essenziale, il tempo determinante di elaborazione delle astrazioni patologiche già compresa in quel "rimuginare" iniziato là dove sembra non accadere nulla, cioè nel periodo di latenza.
Il primo tempo di astrazione, ampiamente ripreso dopo la pubertà, lo ricordava ultimamente Glauco Genga. (1 aprile 1995 alla X lezione del Corso)
Ricordava che Dostoevskij in "l'adolescente" parla di "voltare le spalle" al vantaggio del rapporto squilibrato con l'altro, in nome di una "indole" adolescenziale.
E' il passaggio dal padre alla astrazione "paternità", "figura paterna", "virilità".
Cioè l'abolizione dello squilibrio a favore della parità: come vendere la soddisfazione che deriva dal rapporto soggetto-altro per il piatto di lenticchie di un diritto naturale astratto di uguaglianza, sia familiare (la parità) che sociale (la
"gruppalità").
Ne segue che l'interazione (sempre con le sue pretese pre-giudiziali e con tutte le sue problematiche spaziali "voglio il mio spazio", "mi ci sento stretto" ecc.) si sostituisce al patto, all'appuntamento, al rapporto soddisfacente.
Cioè l'astrazione uguaglianza colpisce prima di tutto la distinzione dei posti Soggetto-Altro.
Una delle frequenti frasi del dopo-pubertà: "prima lo vedevo come un padre, ora lo vedo come un amico" (con l'accoppiata perdente di chi dice sorridendo: "fai come se non fossi più tuo padre ma un tuo amico, confidati con me"), queste frasi sono allo stesso tempo l'affermarsi patologico del diritto naturale astratto della parità e il ridisegnarsi, in base ad esso, di quel "romanzo familiare del nevrotico" che impegna tante energie adol-essenziali.
Il voltare le spalle al vantaggio del rapporto squilibrato con l'altro costituisce una evidente dimostrazione che dove c'è teoria di "adolescenza" c'è solo teoria di impoverimento, giustificata con l' astrazione per cui ci sarebbe una "indole adolescenziale", come a dire
"adolescenzialità", cioè uno schema di condotta patologico (come vedremo tra poco) venduto come "istintività".
4.2- LE CONSEGUENTI TEORIE E ASTRAZIONI CHE DERIVATE DAL PRINCIPIO ASTRATTO DI UGUAGLIANZA BYPASSANO I RAPPORTI (SODDISFACENTI)
E' Giacomo Contri ancora a indicare (1 aprile 1995, nella occasione più volte citata) le due
"ità" derivanti da questa prima grande astrazione e coltivate in modo particolare là dove c'è "adolescenza":
"Un' esperienza di vita che sia degna è quella che annulla o riduce al minimo la considerazione dell'adolescenza come epoca della vita" altrimenti è l'epoca della coltivazione della istintività e della sessualità, non come contenuto di esperienza riguardo ai sessi ma come astrazione e corruzione dell'intelletto.
L'uomo della teoria patologica della adolescenza è l'uomo che non è più figlio.
Il gioco di parole "adol-essenza" evidenzia l'essenzialismo della vita in opposizione alla giuridicità dell'esperienza, cioè dei rapporti."
Quindi: istintività e sessualità.
- riguardo l'istintività:
ne "Il Pensiero di Natura", testo base dello Studium Cartello (pag 114-115, II edizione), si dice che "la sola risorsa di cui il corpo umano ha certamente scarsità, se non nullità è l'istinto. La ragione è chiamata a un compito legislativo non sugli istinti (la bestialità del dominio sugli istinti), ma in loro mancanza. Cambia tutto."
La cosiddetta istintività… o essenza degli istinti, è un'astrazione. "E' dunque si corretta la critica dell'istintività: ma non concerne la condotta, bensì la verità. L'istintività… è un falso della conoscenza che introduce un errore nel pensiero della legge di moto nel corpo e dunque anche nella condotta.E' soltanto nella malattia psichica che rintracciamo qualcosa di simile a degli istinti: degli schemi della condotta di immediata utilizzabilità che sorvolano sulla realtà dei rapporti. Più completamente: fatti apposta per sorvolarvi."
- riguardo la sessualità:
ne "Il Pensiero di Natura", (II edizione, pag. 135-138) si legge che: l'angoscia (affetto di un difetto di legge) in mescolanza con melanconia, imbarazzo, fastidio, noia, sembrano l'atmosfera della "essenza" sessualità incontrata come un problema (qualunque ne sia la soluzione, dall'edonismo alla demonizzazione) e come il delirio che la presenta come teoria scientifica della natura (fino all'inventare come se non fosse bastante il "sessuologo", anche la devastazione (indipendentemente dai contenuti) dell' "educazione sessuale".
L'adolescenza coltiva anche questa "ità" così ben correlata alla prima: tanto è vero che da qui nasce la bestemmia che riduce l'adolescenza al problema "la sessualità".
Ma ancora nel testo (pag. 139, II edizione, nota 15) si continua:
" Ho introdotto anni fa il gioco di parole non gratuito che dice che l'adolescenza è
"adol-essenza".
Stà in ciò la differenza tra il bambino nei primi anni e l'adolescente: il primo non è ancora segnato dalla colpa così astratta e così reale nelle sue conseguenze, di una essenza costruita in odio al rapporto.
In questo modo ho anche detto l'… essenziale del "periodo di latenza": il periodo di incubazione della corruzione astratta di minore. Dopo la quale si apre la questione dell'innocenza, non garantita da alcuna legge di sviluppo né dall'educazione (né
tantomeno, aggiungo, dalla prevenzione).Si tratterà di sapere come, se ciò è possibile, trasformare in felix la colpa."
Proprio nel tempo in cui i sessi raggiungono la loro maturità biologica, il soggetto si rende disponibile alla sessualità come obiezione alllo squilibrio e alla diversità nel rapporto e si oppone alla libido, ossia il pensiero dei rapporti come rapporti possibili in quella differenza dei corpi che sono i sessi.
Posso avviarmi alla conclusione ricordando che quindi la grande astrazione "parità" cui seguono "istintività" e "sessualità" non sono altro che i fondamenti di una teoria di obiezione al rapporto e alla soddisfazione che ne deriva.
Il cosiddetto "adolescente" è quindi solo l'uomo nel tempo della crisi, cioè l'uomo la cui coscienza non riconosce più il Pensiero di Natura (che è il significato di "inconscio": la memoria di una prima soddisfazione non più riconosciuta come legge dalla coscienza).
Il cosiddetto "adolescente" è in questo impasse :
- non rinuncia alle rinunce della elaborazione continua dell'inganno (quel rimuginare e dubitare con effetto paralizzante sulla vita futura di cui parla Freud nelle "teorie sessuali" del1908),
- si è sottratto ai benefici della posizione di figlio: non è più pensabile l'essere erede e l'essere erede universale,
- e ponendo l'essenzialismo della vita in opposizione alla giuridicità dei rapporti (istintività e sessualità in primis) finisce per eliminare ogni meta di soddisfazione.
In questo senso è pensabile che, senza la correzione dell'errore si possa rimanere "adol-essenziali usque ad mortem" e che la maturità senza esami che già era del bambino si perda tra i finti esami di maturità, sempre più chiaramente teorizzati e radicati nella astrazione della
"evolutività".
Sono convinto che sia vero che meglio sarebbe dopo la pubertà entrare direttamente all'università… concedendo a questa unica
"ità" il beneficio della "eccezione che conferma la regola" delle astrazioni.
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