E’ la conversione,
come inversione “a U”, dalla teoria “una domanda
chiede(pretende) una risposta” (ricorda il vecchio
stimolo-risposta) al pensiero “l’offerta precede la
domanda”.
Ma procediamo con
facili passaggi.
1 Motivazione
ALCUNE TAPPE SULLA VIA
DELLA “MOTIVAZIONE”
1 L’alba del pianeta
delle scimmie
2 La resistenza
dell’intelligenza
3 il Bisogno: una pace
troppo facile
4 Accessori versus
Dotazioni
5 La teoria “Il
Pensiero”
6 Il mistero della
“Personalità”
1 L’alba del pianeta
delle scimmie.
S → R
Grazie al contributo
del comportamentismo, il concetto di “motivazione” potrebbe
essere risolto nella semplice teoria stimolo-risposta
derivata dagli studi iniziati nei paesi dell’est sulle
tecniche di apprendimento degli animali (Pavlov – Nobel nel
1904 -: condizionamento; poi ripreso in America negli anni
‘60 da Skinner: condizionamento operante).
Potrebbe essere
risolto sino alla possibilità di scomparire del tutto,
sembrando contradditorio (non logico) e illusorio
(l’illusione che l’uomo sia qualcosa di più, un aldilà
rispetto a un animale) attribuire una motivazione, ovvero
una intenzionalità a un moto ritenuto l’esito di un
meccanismo istintivo innato o appreso in modo coatto.
E’ la linea seguita
dalle teorie di Watson (Nobel 1962) che di fatto eliminano
il pensiero di una “volontà” attribuibile ai singoli
comportamenti, risolvendo il tutto nello studio e nella
“conoscenza dei nessi che legano determinati stimoli a
determinate risposte”.
2 La resistenza
dell’intelligenza.
S → Intelligenza →
R1 o R2 o Rx …
Opposizioni almeno
parziali a questa teoria nella quale di fatto scompare la
motivazione, sostituita da un mero meccanismo, sono
costituite immediatamente negli stessi anni di Pavlov, dagli
scritti di Mc Dougal e di Tolman.
Mc Dougall scrive che:
“il comportamento è sempre un’azione finalistica”.
Mentre Tolman, pur
rimanendo comportamentista, vuole riconoscere una “tendenza
a scegliere”,
anche se questa scelta sembra di fatto orientata più verso
la direzione dell’azione che non verso l’origine del moto.
3 Il Bisogno: una
pace troppo facile.
Mancanza =
Motivazione → R
Un apparente passo in
avanti, databile almeno 40 anni dopo, è invece quello di
legare la motivazione al concetto di istinto e a quello di
bisogno.
In una sintesi degli
studi sulla tematica motivazionale, tratta da un autorevole
lexikon di psicologia degli anni ‘70, si legge che:
“Il bisogno
rappresenta in generale il concetto fondamentale nel quadro
della motivazione, mentre ‘motivo’ o ‘motivazione’… indica
il processo che conduce un individuo ad un oggetto concreto…
Bisogno significa
anzitutto… la mancanza…
Il concetto di
istinto si avvicina a quello dei bisogni.”
Bisogni primari
(dell’organismo) e secondari (della psiche), si muovono in
fondo sempre nell’ambito delle teorie stimolo-risposta.
La soluzione
sembrerebbe a molti studiosi quella di favorire la risposta
incrementando la domanda.
Ovvero incrementando
il bisogno e la mancanza (facendoli avvertire,
sottolineandoli, indicandoli, insegnandoli, ecc.).
Si noti che, allo
scopo di motivare gli uomini ad una fede, si tratta della
stessa direzione attestata frequentemente dalla storia delle
religioni.
Ma si noti quello che
scrive Covington:
“quando gli individui
sono liberi di perseguire i loro legittimi bisogni… i
processi cognitivi agiscono in modo integrato come servi e
insieme chiarificatori dei bisogni”.
Sempre sulla teoria di
una motivazione che parte dai bisogni, ci sono dei tentativi
di considerare il bisogno come qualcosa di più di un istinto
animale.
E’ il caso di Nuttin:
“i processi cognitivi
trasformano la maggior parte dei bisogni umani in compiti e
progetti concreti… volontà non è altro che la motivazione
cognitivamente elaborata alla quale l’Io della persona ha
dato la preferenza rispetto alle altre”.
4 Accessori versus
Dotazioni.
Mancanza +
Motivazione → R
Secondo gli studi di
Piaget,
la motivazione è in qualche modo integrata in ogni singola
operazione mentale che regola lo sviluppo dell’intelligenza:
a ogni operazione la sua motivazione.
Se non viene raggiunta
una certa capacità di operatività mentale la motivazione
conseguentemente viene a mancare.
Fa eco a Piaget il
fatto che sia tipico in ambito psicologico una qualche
classificazione delle motivazioni: motivazione
all’affermazione personale, motivazione al successo,
motivazione affiliativa, motivazione alla competenza ecc.
Non troppo distanti da
queste teorie si pongono quelle di altri studiosi della
motivazione.
Per Rogers, il
capostipite delle terapie non direttive, esiste una
“naturale capacità di apprendere”.
La stessa che Bruner
definisce “attitudine ad apprendere”.
E che per Berlyne è
“spinta esplorativa o stato di curiosità”.
Insomma, una qualche
forza pre-esistente destinata a interagire con l’ambiente e
il gruppo.
E torna la vecchia e
stancante domanda, The question: ereditarietà e
pre-esistenza o ambiente?
Che è “l’essere o non
essere” della psicologia di massa.
Molti, come Petracchi,
risolveranno dicendo che:
“fra individuo e
ambiente si realizza una condizione interazionale”,
e tornando quindi in qualche modo alla pre-esistenza di un
“esigenza di interagire con l’ambiente… pertinente alla
natura della personalità”.
5 La teoria “Il
Pensiero”.
Mancanza → Pensiero
= Motivazione → R
Per prendere in
qualche modo distanza da una motivazione vista come
automatismo stimolo-risposta o come energia in dotazione
alle diverse operazioni mentali, non mancano studiosi che
provano ad allargare gli orizzonti introducendo la
mediazione del “Pensiero”.
Tra questi il
Petracchi che scrive nella sintesi conclusiva di un suo
testo:
“Si è accolta la tesi
che gli stati di bisogno si presentano non tanto come
stimolatori di atti percettivi e motori, quanto come
sollecitazioni del pensiero dell’individuo perché prendano
consistenza spinte motivazionali e comportamenti che abbiano
radici nel sistema cognitivo…
le motivazioni…
derivano dal trattamento cognitivo dei bisogni, per il quale
la persona imposta suoi specifici propositi di azione
orientati a ben identificati scopi… nel quadro dei processi
di formazione della personalità”.
E tra questi anche
Jung:
“il comportamento
dell’individuo dipende consistentemente dall’interpretazione
che egli dà della sua situazione”.
E ancora Nuttin:
La motivazione è
“l’aspetto dinamico dell’entrata in relazione di un soggetto
col mondo… la direzione attiva del comportamento verso certe
categorie preferenziali di situazioni o di oggetti”.
6 Il Mistero della
“Personalità”.
Mancanza →
Personalità = Motivazione → R
Per dare una fine a
questa analisi di teorie sulla motivazione, c’è chi, come
Hamilton, decide di “eliminare la distinzione categoriale
tra motivazione e personalità”.
CONCLUSIONI PRATICHE
SULL’OGGI DI “MOTIVAZIONE”
La attuale discussione
sulla motivazione, tenendo conto della sua storia,
sinteticamente sopra esposta, verte quindi sui temi
seguenti:
a) sul versante del
metodo, una distinzione tra:
- metodi direttivi
(motivazioni esterne: con le rituali prese di posizione
riguardo l'uso del premio e della punizione);
- metodi non-direttivi
(suscitare motivazioni interne o intrinseche);
b) sul versante del
soggetto, riflessioni su:
- la noiosa domanda
"chi è il soggetto dell'educazione ?" (cioè se sia
l'educatore o l'educando);
- le caratteristiche
che dovrebbero identificarlo;
- i metodi per
realizzarlo;
c) sul versante delle
tecniche,
infinite proposte
ispirate alle più diverse scienze e scuole con relative
critiche, distanze, distinzioni tra cognitivismo,
comportamentismo, analisi transazionale e sincretismi
psico-pedagogici di ogni sorta.
2 Eccitamento
REALTA’ AUT REALE.
Scrive Giacomo B.
Contri nel suo Blog “Think!” a proposito della distinzione
tra Realtà e reale:
“L’importanza di
questa distinzione, che ho reso ovvia o truistica, sta nel
definire il reale come un accadere sensibile che si produce
in assenza di ostacoli-obiezioni al pensiero… Il mondo è una
realtà con qualche presenza episodica, presenza di reale:
reale, non spirituale”.
Un esempio dal noto
“Mito della caverna” di Platone:
reale: uomini e
oggetti dentro la caverna;
Realtà: quella
(Oggetti) che le ombre fanno immaginare, delirare,
teorizzare.
Ci aiuta Sigmund Freud
in “Metapsicologia” del 1915.
All’inizio ci fu una
relazione reale che poi però venne meno, deluse.
Normalmente questo
porterebbe a cercare un’altra relazione più soddisfacente
(“morto un Papa se ne fa un altro”).
Nella patologia invece
l’affetto della relazione perduta non riesce a trovare
altro oggetto (“di mamma ce n’è una sola!”) e rimane presso
sé stessi, costituendo piuttosto una identificazione con la
persona perduta (“narcisismo”) e gettandosi nell’inferno
della melanconia che costituisce “individui estremamente
molesti, che si comportano sempre come se fossero offesi e
come se fosse stata loro arrecata una grave ingiustizia”.
E’ così accadde:
“L’ombra
dell’oggetto [con la “o” minuscola, ndr] cadde così
sull’Io che d’ora in avanti potè essere giudicato da
un’istanza particolare [la chiamerà “Superio”]
come un oggetto [con la O maiuscola, ndr], e
precisamente come l’oggetto abbandonato. I questo modo la
perdita dell’oggetto [con la “o” minuscola, ndr] si
era trasformata in una perdita dell’Io [mancanza], e
il conflitto fra l’Io e la persona amata in un dissidio fra
l’attività critica dell’io [“Superio”] e l’Io
alterato dall’identificazione.”
Insomma: un pensiero
malato trasforma tutto (compreso l’Io stesso) da oggetto
(reale) a Oggetto, ovvero Ideale, Teoria (Realtà).
Operiamo allora questa
distinzione:
- La motivazione opera
su teorie della Realtà (a partire da un Oggetto-Io e su una
volontà-motivo che gli apparterebbe).
- L’eccitamento viene
dal reale (oggetto), ovvero da un altro.
APPUNTAMENTO:
DUE VOLONTA’ IN
PARTNERSHIP.
S → A
S ← A
L’eccitamento è nella
relazione S-A (un po’ io un po’ tu).
L’eccitamento, in uno
scritto di Giacomo B. Contri:
“Ricordo benché
vagamente un racconto in cui Cechov ironizza su quelle
persone che hanno sempre in bocca l’espressione “Che
strano!”
Arricchisco la corretta osservazione di Cechov completandola
con l’osservazione di Freud, ossia che noi umanità recepiamo
gli eccitamenti esterni, che sono sollecitazioni o
vocazioni, o con favore oppure con ostilità:
il
secondo caso si chiama paranoia, che ha diversi gradi e
forme, per esempio “Che strano!” cioè estraneo o straniero,
o anche “Che cosa vuole da me?” sottolineato da J. Lacan (“que
me veut’il?”):
se
l’eccitamento è come tale strano-straniero, io sono una
provincia aggredita dall’eccitamento, insomma sono un
provinciale, uno straniero per stranieri, un paranoico.
Il
vero provincialismo è psicopatologico, quello per cui è
ostile anzitutto un pensiero nuovo, anzi no, un pensiero:
il
caso più istruttivo è quello in cui la fonte di un pensiero
imprevisto, o eccitamento, sono io stesso (lapsus, sogno), e
io stesso proprio come un giornale, un romanzo, o la frase
udita da qualcuno.
I
nostri deliri sono molto più frequenti di quelli
psichiatrici, e diseconomici come questi fino a
distruttivi.”
La relazione S-A in
uno scritto di Giacomo B. Contri:
“Il mio di-telismo (due volontà, opposto al
mono-telismo nell’ambito di antiche eresie cristiane)
sull’uomo data almeno dal 1994, 1a edizione di Il
pensiero di natura, in cui iniziavo a parlare di
“talento negativo”:
in una volontà un uomo intraprende, trama, briga, forca
tutto ciò che vuole e può, secondo quel buon detto sui
bambini “una ne fa e cento ne pensa” (le altre novantanove
restano di riserva, ecco perché si diceva che i bambini
hanno sette vite come i gatti);
nell’altra volontà rinuncia ad averne una propria,
ossia per una volta non intraprende allorché giudichi che
l’altro mettendoci la sua gli renderà servizio oltre a
risparmiargli la fatica.
Ciò che dico è facile e di comune esperienza, anche se
molti si rifiutano a una tale comune esperienza:
si tratta del caso in cui uno dice al suo compagno o
compagna “Fa’ tu” o meglio ancora “Pensaci tu”, quale che
sia il contenuto possibile della rinuncia a una volontà
propria.
Si ottiene una differenza di potenziale che produce
lavoro.
Si vedrà che si tratta di rinuncia alle conseguenze di
propri predicati (non tratterò i miei visitatori né secondo
i miei miliardi di dollari né secondo le mie piaghe), ossia
di rinuncia all’ontologia.
La psicopatologia è tutta un monotelismo:
insonnia, anoressia mentale, narcisismo(-schizofrenia),
innamoramento eccetera.
E’ solo un nome
antico dell’autismo.”
Ecco una buona
conclusione per il momento:
Quello che in questo
articolo costituisce l’eresia (psicopatologia) è il
principio di una unica volontà che muove l’individuo ed è
molto molto vicino (se non coincidente con) alla teoria che
abbiamo chiamato e che storicamente è stata chiamata
“Motivazione”
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