Gianpietro Séry

Storia di una conversione:
dalla teoria Motivazione al pensiero di eccitamento


 

E’ la conversione, come inversione “a U”,  dalla teoria “una domanda chiede(pretende) una risposta” (ricorda il vecchio stimolo-risposta)  al pensiero “l’offerta precede la domanda”.

Ma procediamo con facili passaggi.

 

1 Motivazione

 

ALCUNE TAPPE SULLA VIA DELLA “MOTIVAZIONE”

 

1 L’alba del pianeta delle scimmie

2 La resistenza dell’intelligenza

3 il Bisogno: una pace troppo facile

4 Accessori versus Dotazioni

5 La teoria “Il Pensiero”

6 Il mistero della “Personalità”

 

1  L’alba del pianeta delle scimmie.

 

S → R

 

Grazie al contributo del comportamentismo, il concetto di “motivazione” potrebbe essere risolto nella semplice teoria stimolo-risposta derivata dagli studi iniziati nei paesi dell’est sulle tecniche di apprendimento degli animali (Pavlov – Nobel nel 1904 -: condizionamento; poi ripreso in America negli anni ‘60 da Skinner: condizionamento operante).

Potrebbe essere risolto sino alla possibilità di scomparire del tutto, sembrando contradditorio (non logico) e illusorio (l’illusione che l’uomo sia qualcosa di più, un aldilà rispetto a un animale) attribuire una motivazione, ovvero una intenzionalità a un moto ritenuto l’esito di un meccanismo istintivo innato o appreso in modo coatto.

E’ la linea seguita dalle teorie di Watson (Nobel 1962) che di fatto eliminano il pensiero di una “volontà” attribuibile ai singoli comportamenti, risolvendo il tutto nello studio e nella “conoscenza dei nessi che legano determinati stimoli a determinate risposte”[1].

 

2  La resistenza dell’intelligenza.

 

S → Intelligenza → R1 o R2 o Rx …

 

Opposizioni almeno parziali a questa teoria nella quale di fatto scompare la motivazione, sostituita da un mero meccanismo, sono costituite immediatamente negli stessi anni di Pavlov, dagli scritti di Mc Dougal e di Tolman.

Mc Dougall scrive che: “il comportamento è sempre un’azione finalistica”[2].

Mentre Tolman, pur rimanendo comportamentista, vuole riconoscere una “tendenza a scegliere”[3], anche se questa scelta sembra di fatto orientata più verso la direzione dell’azione che non verso l’origine del moto.

 

3  Il Bisogno: una pace troppo facile.

 

Mancanza = Motivazione → R

 

Un apparente passo in avanti, databile almeno 40 anni dopo, è invece quello di legare la motivazione al concetto di istinto e a  quello di bisogno.

In una sintesi degli studi sulla tematica motivazionale, tratta da un autorevole lexikon di psicologia degli anni ‘70, si legge che:

“Il bisogno rappresenta in generale il concetto fondamentale nel quadro della motivazione, mentre ‘motivo’ o ‘motivazione’… indica il processo che conduce un individuo ad un oggetto concreto…

Bisogno significa anzitutto… la mancanza…

Il concetto di istinto si avvicina a quello dei bisogni.”[4]

Bisogni primari (dell’organismo) e secondari (della psiche), si muovono in fondo sempre nell’ambito delle teorie stimolo-risposta.

La soluzione sembrerebbe a molti studiosi quella di favorire la risposta incrementando la domanda.

Ovvero incrementando il bisogno e la mancanza (facendoli avvertire, sottolineandoli, indicandoli, insegnandoli, ecc.).

Si noti che, allo scopo di motivare gli uomini ad una fede, si tratta della stessa direzione attestata frequentemente dalla storia delle religioni.

Ma si noti quello che scrive Covington:

“quando gli individui sono liberi di perseguire i loro legittimi bisogni… i processi cognitivi agiscono in modo integrato come servi e insieme chiarificatori dei bisogni”[5].

Sempre sulla teoria di una motivazione che parte dai bisogni, ci sono dei tentativi di considerare il bisogno come qualcosa di più di un istinto animale.

E’ il caso di Nuttin:

“i processi cognitivi trasformano la maggior parte dei bisogni umani in compiti e progetti concreti… volontà non è altro che la motivazione cognitivamente elaborata alla quale l’Io della persona ha dato la preferenza rispetto alle altre”[6].

 

4  Accessori versus Dotazioni.

 

Mancanza + Motivazione → R

 

Secondo gli studi di Piaget[7], la motivazione è in qualche modo integrata in ogni singola operazione mentale che regola lo sviluppo dell’intelligenza: a ogni operazione la sua motivazione.

Se non viene raggiunta una certa capacità di operatività mentale la motivazione conseguentemente viene a mancare.

Fa eco a Piaget il fatto che sia tipico in ambito psicologico una qualche classificazione delle motivazioni: motivazione all’affermazione personale, motivazione al successo, motivazione affiliativa, motivazione alla competenza ecc.

Non troppo distanti da queste teorie si pongono quelle di altri studiosi della motivazione.

Per Rogers, il capostipite delle terapie non direttive, esiste una “naturale capacità di apprendere”[8].

La stessa che Bruner definisce “attitudine ad apprendere”[9].

E che per Berlyne è “spinta esplorativa o stato di curiosità”[10].

Insomma, una qualche forza pre-esistente destinata a interagire con l’ambiente e il gruppo.

E torna la vecchia e stancante domanda, The question: ereditarietà e pre-esistenza o ambiente?

Che è “l’essere o non essere” della psicologia di massa.

Molti, come Petracchi, risolveranno dicendo che:

“fra individuo e ambiente si realizza una condizione interazionale” [11], e tornando quindi in qualche modo alla pre-esistenza di un “esigenza di interagire con l’ambiente… pertinente alla natura della personalità”.

 

5  La teoria “Il Pensiero”.

 

 

Mancanza → Pensiero = Motivazione → R

 

Per prendere in qualche modo distanza da una motivazione vista come automatismo stimolo-risposta o come energia in dotazione alle diverse operazioni mentali, non mancano studiosi che provano ad allargare gli orizzonti introducendo la mediazione del “Pensiero”.

Tra questi il Petracchi  che scrive nella sintesi conclusiva di un suo testo:

“Si è accolta la tesi che gli stati di bisogno si presentano non tanto come stimolatori di atti percettivi e motori, quanto come sollecitazioni del pensiero dell’individuo perché prendano consistenza spinte motivazionali e comportamenti che abbiano radici nel sistema cognitivo…

le motivazioni… derivano dal trattamento cognitivo dei bisogni, per il quale la persona imposta suoi specifici propositi di azione orientati a ben identificati scopi… nel quadro dei processi di formazione della personalità”[12].

E tra questi anche Jung:

“il comportamento dell’individuo dipende consistentemente dall’interpretazione che egli dà della sua situazione”[13].

E ancora Nuttin:

La motivazione è “l’aspetto dinamico dell’entrata in relazione di un soggetto col mondo… la direzione attiva del comportamento verso certe categorie preferenziali di situazioni o di oggetti”[14].

 

6  Il Mistero della “Personalità”.

 

Mancanza → Personalità = Motivazione → R

 

Per dare una fine a questa analisi di teorie sulla motivazione, c’è chi, come Hamilton, decide di “eliminare la distinzione categoriale tra motivazione e personalità”[15].

 

CONCLUSIONI PRATICHE SULL’OGGI DI “MOTIVAZIONE”

 

La attuale discussione sulla motivazione, tenendo conto della sua storia, sinteticamente sopra esposta, verte quindi sui temi seguenti:

 

a) sul versante del metodo, una distinzione tra:

- metodi direttivi (motivazioni esterne: con le rituali prese di posizione riguardo l'uso del premio e della punizione);

- metodi non-direttivi (suscitare motivazioni interne o intrinse­che);

 

b) sul versante del soggetto, riflessioni su:

- la noiosa domanda "chi è il soggetto dell'educazione ?" (cioè se sia l'educatore o l'educando);

-  le caratteristiche che dovrebbero identificarlo;

-  i metodi per realizzarlo;

 

c) sul versante delle tecniche,

infinite proposte ispirate alle più diverse scienze e scuole con relative criti­che, distanze, distinzioni tra cognitivismo, comporta­mentismo, analisi transazionale e sincretismi psico-pedagogici di ogni sorta.

 

2 Eccitamento

 

REALTA’ AUT REALE.

 

Scrive Giacomo B. Contri nel suo Blog “Think!” a proposito della distinzione tra Realtà e reale:

“L’importanza di questa distinzione, che ho reso ovvia o truistica, sta nel definire il reale come un accadere sensibile che si produce in assenza di ostacoli-obiezioni al pensiero… Il mondo è una realtà con qualche presenza episodica, presenza di reale: reale, non spirituale”.

 

Un esempio dal noto “Mito della caverna” di Platone:

reale: uomini e oggetti dentro la caverna;

Realtà: quella (Oggetti) che le ombre fanno immaginare, delirare, teorizzare.

 

Ci aiuta Sigmund Freud in “Metapsicologia” del 1915.

All’inizio ci fu una relazione reale che poi però venne meno, deluse.

Normalmente questo porterebbe a cercare un’altra relazione più soddisfacente (“morto un Papa se ne fa un altro”).

Nella patologia invece  l’affetto della relazione perduta non riesce a trovare altro oggetto (“di mamma ce n’è una sola!”) e rimane presso sé stessi, costituendo piuttosto una identificazione con la persona perduta (“narcisismo”) e gettandosi nell’inferno della melanconia che costituisce “individui estremamente molesti, che si comportano sempre come se fossero offesi e come se fosse stata loro arrecata una grave ingiustizia”[16].

E’ così accadde:

L’ombra dell’oggetto [con la “o” minuscola, ndr] cadde così sull’Io che d’ora in avanti potè essere giudicato da un’istanza particolare [la chiamerà “Superio”] come un oggetto [con la O maiuscola, ndr], e precisamente come l’oggetto abbandonato. I questo modo la perdita dell’oggetto [con la “o” minuscola, ndr] si era trasformata in una perdita dell’Io [mancanza], e il conflitto fra l’Io e la persona amata in un dissidio fra l’attività critica dell’io [“Superio”] e l’Io alterato dall’identificazione.”[17]

 

Insomma: un pensiero malato trasforma tutto (compreso l’Io stesso) da oggetto (reale) a Oggetto, ovvero Ideale, Teoria (Realtà).

 

Operiamo allora questa distinzione:

- La motivazione opera su teorie della Realtà (a partire da un Oggetto-Io e su una volontà-motivo che gli apparterebbe).

-  L’eccitamento viene dal reale (oggetto), ovvero da un altro.

 

APPUNTAMENTO:

DUE VOLONTA’ IN PARTNERSHIP.

 

S → A

S ← A

 

L’eccitamento è nella relazione S-A (un po’ io un po’ tu).

 

L’eccitamento, in uno scritto di Giacomo B. Contri:

 

     “Ricordo benché vagamente un racconto in cui Cechov ironizza su quelle persone che hanno sempre in bocca l’espressione “Che strano!”[18]

     Arricchisco la corretta osservazione di Cechov completandola con l’osservazione di Freud, ossia che noi umanità recepiamo gli eccitamenti esterni, che sono sollecitazioni o vocazioni, o con favore oppure con ostilità:

     il secondo caso si chiama paranoia, che ha diversi gradi e forme, per esempio “Che strano!” cioè estraneo o straniero, o anche “Che cosa vuole da me?” sottolineato da J. Lacan (“que me veut’il?”):

     se l’eccitamento è come tale strano-straniero, io sono una provincia aggredita dall’eccitamento, insomma sono un provinciale, uno straniero per stranieri, un paranoico.

     Il vero provincialismo è psicopatologico, quello per cui è ostile anzitutto un pensiero nuovo, anzi no, un pensiero:

     il caso più istruttivo è quello in cui la fonte di un pensiero imprevisto, o eccitamento, sono io stesso (lapsus, sogno), e io stesso proprio come un giornale, un romanzo, o la frase udita da qualcuno.

     I nostri deliri sono molto più frequenti di quelli psichiatrici, e diseconomici come questi fino a distruttivi.”

 

La relazione S-A in uno scritto di Giacomo B. Contri:

 

     “Il mio di-telismo (due volontà, opposto al mono-telismo nell’ambito di antiche eresie cristiane) sull’uomo data almeno dal 1994, 1a edizione di Il pensiero di natura, in cui iniziavo a parlare di “talento negativo”:[19]

     in una volontà un uomo intraprende, trama, briga, forca tutto ciò che vuole e può, secondo quel buon detto sui bambini “una ne fa e cento ne pensa” (le altre novantanove restano di riserva, ecco perché si diceva che i bambini hanno sette vite come i gatti);

      nell’altra volontà rinuncia ad averne una propria, ossia per una volta non intraprende allorché giudichi che l’altro mettendoci la sua gli renderà servizio oltre a risparmiargli la fatica.

     Ciò che dico è facile e di comune esperienza, anche se molti si rifiutano a una tale comune esperienza:

     si tratta del caso in cui uno dice al suo compagno o compagna “Fa’ tu” o meglio ancora “Pensaci tu”, quale che sia il contenuto possibile della rinuncia a una volontà propria.

     Si ottiene una differenza di potenziale che produce lavoro.

     Si vedrà che si tratta di rinuncia alle conseguenze di propri predicati (non tratterò i miei visitatori né secondo i miei miliardi di dollari né secondo le mie piaghe), ossia di rinuncia all’ontologia.

     La psicopatologia è tutta un monotelismo:

     insonnia, anoressia mentale, narcisismo(-schizofrenia), innamoramento eccetera.

     E’ solo un nome antico dell’autismo.”

 

Ecco una buona conclusione per il momento:

 

Quello che in questo articolo costituisce l’eresia (psicopatologia) è il principio di una unica volontà che muove l’individuo ed è molto molto vicino (se non coincidente con) alla teoria che abbiamo chiamato e che storicamente è stata chiamata “Motivazione”


 

[1] Caprara G.V., Accursio G., Psicologia della personalità e delle differenze individuali, Il Mulino, Bologna, 1987.

[2] Mc Dougall, Outline of psychology, Sribners, New York, 1923.

[3] E. C. Tolman, Purpose and Cognition: the determiners of animal learning, in Psychological Review, vol. 32, 1925.

[4] Joseph R. Nuttin, in AA.VV., Lexikon der Psychologie, Verlag Herder KG, Freiburg im Breisgau, 1971-1972

[5] M. V. Covington, Motivated Cognitions, in Learning and Motivation in Classroom, LEA, Hillsdale, New York, 1983.

[6] J. R. Nuttin, in AA.VV., Lexikon der Psychologie, Verlag Herder KG, Freiburg im Breisgau, 1971-1972

[7] J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino, 1967.

[8] C.R. Rogers, Libertà nell’apprendimento, Giunti Barbera, Firenze, 1973.

[9] J.S. Bruner, Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967.

[10] D.E. Berlyne, Motivational problem raised by exploratory and epistemic behavior, in Psychology: a study of science, vol 5, Mc Graw Hill, New York, 1963.

[11] Giovacchino Petracchi, Motivazione e insegnamento, Editrice La scuola, Brescia, 1990.

[12] Ibidem.

[13] J. Jung, Understanding Human Motivation, A cognitive approach, Mc Millan, New York, 1978.

[14] J. Nuttin, Motivation et perspectives d’avenir, Presses Universitaire de Louvain, Louvain, 1980.

[15] V. Hamilton, Strutture e processi cognitivi della motivazione e della personalità, Il Mulino, Bologna, 1987.

[16] S. Freud, “Metapsicologia”, OSF vol. 8, Torino, Bollati-Boringhieri, 1976.

[17] Ibidem.

[18] “Think!” di lunedi 4 febbraio 2013.

[19] “Think!” di mercoledi 6 giugno 2012.

 

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