Gianpietro Séry

" COMPETENZA CURA LIBERTA' "
(Competenza individuale e laicità della psicoanalisi)

SEMINARIO DI GENOVA  "LIBERTA' DI PSICOLOGIA"
gennaio- giugno 2000



CARCASSA E CORPO, MANCANZA E DESIDERIO
L'uomo nasce sano.
Ed e' subito soddisfazione.
L'uomo nasce bene (nasce per essere unto re).
Rimane solo per pochi istanti l'uomo della natura (l'uomo della carcassa biologica e delle mancanze): basta anche "una balia per pochi dollari" e già l'uomo è immediatamente, per offerta dell'altro, un "aldilà della natura", "un accaduto", "un fatto".
Un fatto (come si dice "fatto da... ") che non piangerà più per la fame come istinto di rifornimento biologico (la pubblicità recentissima di un cibo per cani dove si vede l' animale meccanico ricoperto di pelle e bisognoso di "olio" nei suoi meccanismi) ma per il desiderio e il piacere dell'atto del mangiare.
Appena nato, l'uomo è subito corpo soddisfatto da un altro e quindi soggetto di desiderio, soggetto già agente per una ulteriore offerta di soddisfazione.
Appena nato e immediatamente dopo l'atto dell' altro, l'uomo è già un legislatore (pensiero), agisce con la propria competenza, è uno psicologo.
COMPETENZA E LIBERTA'
Il vero ricco è l'uomo che si muove con la bussola della legge di soddisfazione, cioè quella Legge di Natura costituita nel primo piacevole accaduto.
L' uomo ricco è quello che "agisce in modo tale da continuare ad essere soddisfatto dall' altro", è l'uomo che si muove e agisce come figlio e come erede universale.
Erede senza confini: fino al "Regno dei Cieli".
Questo è un uomo "competente".
Competente nel senso che tutto nell'universo è di sua competenza e per il suo piacere, tutto gli appartiene, tutto può essere trattato come fonte di soddisfazione.
E' un uomo che agisce da sovrano, da re.
Giacomo Contri traduce così una frase di Freud (Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni, 31):
"l'io deve diventare all'altezza della sua legge di moto, cioè avere psicologia".
Competenza è un io non più "estraneo in casa propria" (nel corpo delle pulsioni: il corpo già aldilà della natura), competenza è un io all'altezza della sua legge di moto già costituita, ossia del suo pensiero di natura.
Competenza è di un uomo cui, agendo così, urge (come semplice conseguenza), la massima libertà dell' azione.
La libertà, segue quindi la competenza.
E' necessario togliere a tutti i costi l'equivoco che alla libertà segua la possibilità di competenza, o che la libertà la faciliti: la competenza è solo l'esito di quel primo accaduto di soddisfazione nel bambino e, in seguito, l'esito della memoria di esso, la ripresa di esso nella coscienza non più compromessa dalla psicopatologia (salus).
LE DUE CITTA' E LA SUSSIDIARIETA'
Una libertà senza il presupposto reale di una competenza già in atto è solo un'illusione e alla lunga un inganno (anche per chi la ottiene, la libertà).
Lo stato e le sue leggi, che sono leggi di una seconda città, costituiscono un aiuto alla legge della prima città di cui si è finora ricordato.
Questa è il senso, cioè la direzione culturale della grande intuizione del "principio della sussidiarietà".
Nel maggio 1931, Papa Pio XI propone nell'enciclica "Quadragesimo anno" il " 'subsidiari' officii principio", ossia "oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera supplettiva le assemblee del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle".
Nell'enciclica "Mater et Magistra", il Papato conferma che "il mondo economico è creazione dell'iniziativa personale dei singoli cittadini, operanti individualmente o variamente associati per il perseguimento di interessi comuni." Inoltre, l'azione dei poteri pubblici ha carattere di "orientamento, di stimolo, di coordinamento, di supplenza e di integrazione" e "deve ispirarsi al principio di sussidiarietà".
Con Papa Giovanni Paolo II nel documento della Santa Sede "Libertatis conscentia", si sottolinea infine che "nè lo stato, nè alcuna società devono mai sostituirsi all'iniziativa e alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse possono agire, nè distruggere lo spazio necessario alla loro libertà".
E' facile a questo punto annotare soltanto che il concetto di "sussidiarietà" coincide quindi con quello di "città" al plurale e con quello di "laicità", in uno stato che riconosce la competenza individuale.
Per questo è probabile che insieme a una resistenza ideologica al principio della sussidiarietà, si tratti in molti casi di una "resistenza psichica" o più gravemente di una avversione al concetto di competenza individuale così come è stata appena definita.
E' probabile si tratti non prima di tutto di mala-fede ma di "mala-sanità" individuale e di massa, cioè di quella "malattia comune", di quella "miseria comune" di cui Freud parla da tempo (e sempre più con ragione) finendo per nominarla con il termine "nevrosi" in attesa di trovarne uno migliore.
TERAPIA E INNAMORAMENTO, CURA E AMORE
In "Libertà di psicologia" scrive Giacomo Contri: "Il nostro programma è quello di fare passare la parola "psicologia" dal regime del comando (o della compulsione) al regime della liberta' ossia della competenza psicologica."
Si può facilmente notare come la forma predittiva della scienza, ha assunto nella sua applicazione arbitraria alla psicologia di massa dello stato, sia la forma preventiva che la forma imperativa del comando.
Non è altro che la dimostrazione che la psicologia, se è, è individuale oppure è psicopatologia: cioè una deviazione dalla "normalità" cioè appunto dalla normatività, dalla competenza.
Nel film di Stahl del 1944, "Le chiavi del regno" tratto dal romanzo omonimo di Cronin, poco dopo le prime scene, l'inviato del Vescovo indagante nel settembre del 1938 su "alcune stranezze" del parroco di un paesello scozzese afferma: " temo padre che lei abbia perduto il controllo delle anime". La risposta del vecchio padre Francesco, interpretato da G. Peck, è: " ma io non desidero controllare nessuna anima !".
La parola pensata da Freud nell' "analisi laica" a proposito degli psicoanalisti è quella di "curatori d'anime laici" (né medici, né preti): e la parola "cura" nel pensiero freudiano coincide con il "trattare", il trattare bene, che è dell'amore.
Non c'è nulla di più lontano dalla parola terapia o "controllo" o, come è di moda adesso la perversione del "convivere con la propria malattia": che è quel trattare scientificamente di cui ci parlava Ambrogio Ballabio nel seminario di due anni fa.
Non è forse ancora compreso bene dai più, il fondamentale passaggio nella storia della psicoanalisi, cui Freud ritorna spessissimo, passaggio dalla ipnosi alle associazioni, appunto, "libere".
Il passaggio è esattamente ciò di cui si tratta nei lavori del nostro seminario di quest'anno: il passaggio dalla scientifica presunzione della psicoterapia all'atto d'amore della cura analitica.
Su questo Freud è chiarissimo anche quando dice: "dei miei primi anni non mi è noto alcun bisogno di aiutare uomini sofferenti, la mia inclinazione sadica non era poi così grossa, cosicchè non ho avuto bisogno di sviluppare questo suo particolare derivato".
Ovvero: niente sadismo da "furor sanandi" !
Lo psicoanalista cura prima sé stesso e poi è formato didatticamente proprio per guarire dalla patologia di fare lo psicoterapeuta: il fine della psicoanalisi non è quello di di fare una terapia alterando la realtà psichica di un altro cioè "rendere impossibili le reazioni morbose" (abbandono dell'ipnosi), ma di attuare un relazione parola-ascolto in cui sia possibile per l'io ritrovare la propria piena libertà di scelta tra la salute e la psicopatologia.
Ecco perché uno psicoanalista, avendo dichiarato a qualcuno il suo giudizio di non analizzabilita', non potrebbe mai essere denunciato per omissione di soccorso.
Solo dalla libertà individuale della competenza deriva l'evidenza della libertà della scelta dei partner nella amicizia, nell'amore, nella vita.
Quindi anche del partner eletto come socio della propria guarigione.

 

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