Seminario di Lavoro Psicoanalitico,
Milano
Intervento del 10 giugno 2005
Nella quarta pagina di copertina del
libro “ Carteggio Freud – Groddeck ” (edizione Adelphi, 1996 -
la prima edizione è del 1973), si legge un commento che è
assolutamente falso riguardo a quello che è il contenuto
carteggio.
Vi si definisce Groddeck come un eretico
che non vuole però essere condannato dal grande maestro.
Al contrario, Freud nota immediatamente
nella prima lettera che scrive a Groddeck: «Non è vero che Lei
non vuole essere condannato da me, anzi Lei mi prega con
insistenza di darLe la mia conferma ufficiale che Lei non è
uno psicoanalista ma che può piuttosto presentarsi come
qualcosa di particolare e di autonomo. Le faccio un grosso
favore se La respingo da me là dove sono gli Adler, gli Jung e
altri».
Come accade nei colloqui preliminari di
certe analisi, in questa prima lettera il modo di porsi di
Groddeck è assolutamente chiaro: egli si muove per la banale
ambizione - come la definisce Freud - alla originalità e alla
priorità. Cioè: Groddeck vuole essere un caposcuola.
In fondo scrive a Freud nella speranza
che egli gli dica: «Quello che lei ha fatto non è
psicoanalisi: cerchi un altro nome, questa non è psicoanalisi
!».
Invece la risposta di Freud sarà
esattamente il contrario: Freud gli risponderà dicendogli che
è un ottimo psicoanalista, richiamandolo a quello che egli è
già: «Lei è uno splendido analista, non vedo l’ora di
accoglierLa a braccia aperte come collaboratore».
Ovvero: sei già uno psicoanalista e
quello che è importante ora, è solo il fatto di fare un lavoro
insieme.
Freud, sempre in questa prima lettera,
dichiara di essere disturbato solo dal fatto che non vede in
lui un porsi come figlio, ma soltanto un tentativo di
legittimazione o di iscrizione a una cerchia di iniziati che
sarebbero gli psicoanalisti.
Questo per me rimane il punto attorno al
quale ruoterà tutto il carteggio.
Non ricordo bene se Groddeck sia l’unico
o uno dei pochissimi a cui Freud suggerisce esplicitamente di
fare un’analisi.
In questo carteggio si vede anzitutto una possibile risposta
al tema di LP dello scorso anno, ossia il trattare la
psicopatologia dell’ altro in assenza del divano.
E’ quella che Freud chiamerà franchezza
analitica.
A me questo è piaciuto molto: mi è parsa
una risposta a tutto il lavoro che abbiamo fatto insieme.
Con questa franchezza analitica Freud fa
una distinzione netta tra questa e il lavoro dell’analisi vero
e proprio, dimostrando chiaramente che nessun carteggio potrà
essere mai trattato come una psicoanalisi on letter, oggi si
direbbe psicoanalisi on on line.
Appare con molta chiarezza che Freud ha
a cuore Groddeck, che gli è molto simpatico (più volte ed
esplicitamente gli dice: mi piace come Lei scrive, mi piace la
Sua ironia, mi piace quello che Lei fa, e tutte le differenze
che ci sono tra noi non riusciranno mai a togliere questa mia
simpatia).
L’esito di questa simpatia è appunto la
franchezza analitica, e poi il suggerimento di fare
un’analisi: sono due cose distinte.
In questi Seminari ci siamo chiesti più volte perché Freud si
intrattenesse con interlocutori apparentemente così lontani da
lui. In questo carteggio Freud dà tre risposte, a mio avviso.
La prima risposta è: “sono solo gli
altri che amano staccarsi da me; io invece, se comincio con
qualcuno, è per lungo tempo”.
La seconda: «Vedo con chiarezza ciò che
ci divide, ma l’ho riconosciuto come Suo buon diritto
personale e non mi ha guastato il godimento dei Suoi scritti
né influenzato nella valutazione delle Sue originali scoperte
e concezioni». Notare che dice “le sue originali scoperte”:
Freud riconosce spesso a Groddeck “originali scoperte”, perché
avendo sin dall’inizio compreso che lui voleva a tutti i costi
essere originale, ogni tanto cerca di dirgli qualcosa che sa
fargli piacere.
La terza risposta, il terzo motivo che
Freud adduce per la continuazione del carteggio è: «Tutto ciò
che viene da Lei mi interessa, anche quando non sono d’accordo
sui particolari».
Tornando alla richiesta che Groddeck fa
a Freud (“per favore mi dica che non sono uno psicoanalista”)
mi sembra che il punto-chiave del ragionamento sia quello
dell’eredità.
Groddeck scrive a Freud per un motivo
banale, perché in un suo libro del 1912 parla male della
psicoanalisi.
Ma egli non ha trattato male la
psicoanalisi in quel libro, piuttosto sta trattando male la
psicoanalisi nel momento in cui scrive la lettera, proprio
perché sta chiedendo a Freud una legittimazione.
C’è una frase molto interessante: «Non
mi è chiaro se ho il diritto di spacciarmi ufficialmente come
psicoanalista».
Ho riflettuto su questa frase: in
mancanza del pensiero del figlio, quindi in mancanza del
concetto di eredità, l’unica cosa che resta da cercare è la
legittimazione.
Ma se c’è una legittimazione di questo
tipo, non si è veramente psicoanalisti, ma ci si spaccia
ufficialmente da psicoanalisti.
Vorrei esprime il meglio possibile il
mio pensiero: siamo in presenza di un totale ribaltamento.
Mentre si pensa che la legittimazione
derivi dal fatto di essere iscritti ad un albo, e quindi da un
riconoscimento ufficiale, essendo invece la psicoanalisi
qualcosa che nasce solo da una competenza individuale e da un
autorizzarsi da sé, l’esito della legittimazione finisce per
essere quello di spacciarsi ufficialmente: mi spaccio
ufficialmente proprio perché sono legittimato (sono iscritto
all’albo).
E’ esattamente il contrario di quello
che comunemente si penserebbe.
La psicoanalisi selvaggia è la
psicoanalisi che ha bisogno di una legittimazione esterna.
Mentre la psicoanalisi reale è quella
che nasce da un’ autorizzazione individuale, ed è esattamente
quello che dice Freud: «Lei è uno splendido analista, non ha
assolutamente bisogno di nessuna mia legittimazione».
In tutto il carteggio Groddeck tenterà
sempre di correggere il suo errore circa il pensiero di figlio
ed erede, cioè il confonderlo con il considerarsi un iniziato,
ma vi riuscirà soltanto in parte.
Voglio leggere un brano dal Pensiero di
Natura, dove si dice: «L’agire di un soggetto secondo una
legge che tratta un ambito, cioè un universo di rapporti e i
beni di esso come fonte del suo beneficio, cioè secondo la
legge di successione, è un agire da erede». Poi nella nota si
dice: «Ma qual è la fonte della legittimità di questa
successione? E’ il soggetto stesso a poter porre una tale
legge: si tratta di facoltà legislativa».
Ecco il punto: se non c’è la legittimità
che ne deriva dalla facoltà legislativa del soggetto, ci può
essere solo una ricerca di legittimazione.
Il carteggio ruota intorno a questo
punto.
Groddeck in fondo, per diciassette anni,
non fa che continuare a dibattere questo punto.
C’è un altro aspetto importante.
Io non capivo bene perché Groddeck in
tutto il carteggio sentisse il bisogno di dire a Freud «io
sono un Suo innamorato, sono tanto innamorato di lei. ..».
Poi ho capito che l’uso di questa
dichiarazione (dell’essere innamorato), per Groddeck era il
prendere le distanze dalla posizione di figlio.
Groddeck insisteva continuamente su
questo amore per Freud, ma intanto allontanava da sé
continuamente il pensiero di poter essere realmente figlio ed
erede.
Il tema è quello di cui ci ha parlato
Gabriella Pediconi: come si eredita la psicoanalisi.
Freud dice a proposito di Adler: «Egli
si comporta semplicemente come chi non sa quando cede alla
tendenza di creare teorie, proprio come Jung - questa è
cattivissima - che creò una nuova teoria sulla prima analisi
che aveva capito. Peccato - dice Freud - che sia così
difficile insegnare la psicoanalisi, e ancor più che vi siano
tante persone che non vogliono che si insegni loro qualcosa».
Freud sta tentando in tutti i modi, con
quella che definisce franchezza analitica, di rimettere
Groddeck nella posizione di soggetto capace di ereditare.
Ancora a proposito di questa franchezza
analitica, Freud dice che ci sono due modi di trattare la
psicopatologia dell’altro: o la franchezza analitica, o la
comune gentilezza dovuto all’ estraneo.
La franchezza analitica è quella
dell’uomo libero, dell’uomo guarito, che ritrova quella che
era la franchezza del bambino.
Mentre la gentilezza, per Freud, è
quella che coincide con l’atteggiamento della nevrosi, perché
in fondo l’estraneo è quello dal quale non ti aspetti nulla di
buono, non ti aspetti cioè del beneficio.
Sempre sul tema dell’ eredità, ecco un
buon esempio di come Freud usa questa franchezza analitica.
Groddeck gli scrive: «Le farebbe piacere
se chiedessi di entrare in una delle Società
Psicoanalitiche?».
E Freud risponde: «Ci chiede se a noi
gioverebbe che entrasse, ad esempio, nel gruppo di Berlino?
Penso di sì, e in questo modo ci si potrebbe anche incontrare
ai Congressi».
Freud risponde con un noi a un Le
piacerebbe.
Così pure in un altro passaggio, Freud
dirà: sono molto contento che lei sia così innamorato di me,
però mi farebbe piacere che considerasse anche gli altri
colleghi psicoanalisti, perché la psicoanalisi è un’attività
squisitamente di rapporto.
Ciò a Groddeck sfugge completamente:
anche quando arriva a dire a Freud “Lei è un sovrano”, gli
dice: «Di fronte a Lei si è veramente sinceri solo quando non
c’è nessuno che ascolta».
Mentre parla di sovranità, esclude
l’universo
[1].
E Freud lo richiama, nella lettera
successiva, al fatto che la psicoanalisi è un’ attività
squisitamente di rapporto: «Lei sa quanto io apprezzi la Sua
simpatia verso la mia persona, ma ora dovrebbe trasferirla un
pochino anche sugli altri, non ne deriverebbe che un bene per
la causa».
Ci sono poi una serie di affermazioni di
Groddeck che faranno sì che Freud gli consigli «francamente»
una psicoanalisi.
Esse sono:
- «Il Congresso ha avuto per me una
conseguenza piuttosto spiacevole. Si è talmente riconfermata
in me la vecchia esperienza che la parola incatena il
pensiero»
[2].
Al Congresso, di fronte alle parole
della psicoanalisi, Groddeck registra questi termini come
fossero qualcosa che incatena il suo pensiero. Ma la cosa più
grave è che, pur potendo intendere alcuni termini tecnici
della psicoanalisi, invece dice: «Si è riconfermata in me la
mia vecchia esperienza», cioè che la negatività della parola.
- In un’ altra lettera Groddeck dice:
«Io tiro fuori interi libri prendendo spunto da singole frasi
dei Suoi scritti».
- E ancora: «Ho trovato il coraggio di
presentarmi in pubblico soltanto perché i miei lavori
incontravano il Suo personale consenso». Io dico: erubescimus
sine lege loquentes qui diventa erubesco sine Freud loquens.
E’ la presenza del maestro che ti
attribuisce la facoltà di non arrossire parlando in pubblico;
non è una legge, non è qualcosa di tuo, non è una tua
competenza! Siamo sempre nel tema della legittimazione: non è
una legittimità ma è una legittimazione.
- In un’ altra lettera: «Personalmente
non me ne importa nulla se nel mio lavoro ci sono degli
errori. Mi dispiacerebbe solo se Lei si irritasse».
A questo punto Freud risponde: «Si
faccia una psicoanalisi».
Ve lo leggo, ma mi sembra che si possa
dire così.
Intanto perché la lettera inizia: «Mi è
molto dispiaciuto che anche Lei si sia voluto sottrarre alla
carriera psicoanalitica». E noi sappiamo che per Freud essa
implica l’analisi personale.
Poi più avanti, nella stessa lettera,
gli dice: «Sa che nell’analisi ci sono dei grandi vantaggi
personali perché i pazienti sono costretti a venire a patti
con il transfert paterno e ad accettarne gli aspetti che
possono risultare utili?».
Insomma, gliela butta lì, in modo
evidente.
In realtà, Groddeck farà soltanto sei o
sette sedute di analisi con Ferenczi, barattandole con qualche
massaggio. Ferenczi andrà da Groddeck a Baden Baden, perché
qualche suo disturbo, e si farà curare da lui, che era un
massaggiatore.
Groddeck non deve essere stato tanto
contento di questa analisi, perché una volta fa un lapsus: è a
cena proprio con Ferenczi, e invece di dire gli altri
analisti, dice gli altri paralitici.
Qui non è citata tutta la frase, ma solo
queste due parole, che in tedesco sono più somiglianti e
rendono meglio l’idea del lapsus (in italiano c’è più
differenza tra analista e paralitico).
Groddeck scrive a Freud di questo
lapsus, dicendo che l’ha fatto il giorno dell’anniversario
della morte di suo padre, e che lo stesso è stato per lui una
dimostrazione della sua grande auto-ironia, e che ancora oggi
ride quando vi ripensa.
Avrebbe dovuto pensarci meglio.
Altre cose ho trovato, ma quelle più
importanti sono quelle che ho detto: riguardano il tema
dell’eredità.
Tutto questo carteggio è il tentativo di
Freud di fare intuire a Groddeck che la psicoanalisi non
consiste tanto nell’originalità delle cose che si dicono,
quanto piuttosto nell’autorizzarsi e nell’avere la competenza
di riprendere un materiale preesistente e di portarlo avanti
sviluppandolo ulteriormente.
Ma il tentativo di Freud riuscirà
soltanto in parte.
Groddeck resterà sempre nel dilemma tra
la legittimità della competenza individuale e il bisogno di
una legittimazione che provenga da qualcos’altro.
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