Intervento al Seminario psicoanalitico di Genova:
"Curare, educare, governare, amare, sapere - le impotenze e il passaggio alla guarigione"
seconda seduta: "educare: è vero che ciò che tu hai appreso nella vita non potrai insegnarlo ai tuoi figli ?"
Sala conferenze Associazione Italo Americana, 21 febbraio 1998.
Volevo aggiungere una cosa che mi sembrava importante. Tutto quello che è stato detto potrebbe essere colto molto bene in quello che è l’invenzione dell’adolescenza.
Giustamente si è parlato del bambino come di persona sana. E' proprio l'equivoco dell’adolescente quello che coglie con estrema chiarezza là dove l’errore può giungere: cioè al totale impoverimento.
Quella che è stata chiamata "adolescenza", che è bene dire che non esiste (esiste la pubertà), è il rifiuto dell’adulto di riconoscere che è esistito quell’errore di cui si è parlato finora e che questo errore arriva sino al punto da non concepire nemmeno più la posizione di figlio.
Perché l’"adolescente" è colui che non è più nella posizione di figlio.
E la tragedia, per esempio della scuola, è di ignorare totalmente questa realtà.
Io uso l’espressione che l’adolescente — giocando sulla parola latina — è "in odore" di odio, come un tempo si diceva "in odore di santità": in odore di odio.
Sono molto grato all’amico Ambrogio Ballabio per avere detto la volta scorsa "ci sono buoni trattamenti e ci sono mal-trattamenti.
Si tratta di non sbagliare.
Se io trattassi scientificamente i miei amici li perderei".
La scuola italiana ha mal-trattato i suoi alunni perché li ha trattati scientificamente, fino al punto di trattarli adesso come banale oggetto di studio e banale punto di applicazione di tecniche, con il mito di raggiungere nell’onnipotenza della tecnica, nell’onnipotenza della presunta qualità, il superamento illusorio di quella che percepita come la propria impotenza educativa.
A me sta molto a cuore il titolo del seminario che abbiamo organizzato, perché trovo che il passaggio dall’impotenza all’impossibile sia veramente un’intuizione — nata fra amici questa estate — che a me è sembrata un’intuizione grandissima.
Finché si rimane dentro il pensiero dell’impotenza, l’unica alternativa è l’onnipotenza, fino al delirio.
Oggi la scuola sta tentando di costruire questa onnipotenza sul modello delle automobili giapponesi, ossia sul modello della qualità totale.
Il progetto che sta dietro alla qualità totale è quello dell’eliminazione della sensazione di impotenza che l’insegnante vive, perché non riconosce che non è di fronte a un oggetto, ma che è di fronte a una persona che ha completamente smarrito la sua posizione di soggetto e che è in una posizione di miseria comune, quella che, quando si pensava che fosse una degenerazione di nervi, veniva chiamata nevrosi.
L’unico modo per uscire da questa miseria è la correzione dell'errore che è la guarigione.
Oggi in ogni ambito educativo, come nella scuola che ha la presunzione di essere un ambito educativo, è importantissimo percepire questo punto: l’adolescenza è di fatto una copertura della malattia, è la copertura di un errore che va corretto, per cui l’unico modo di affrontarlo è quello, come diceva Ambrogio Ballabio, è quello di riprendere un buon trattamento che sia capace di rimettere la persona nella sua posizione di soggetto, cioè di rimettere la persona in quella posizione in cui è di nuovo possibile recepire che da tutto quello che sta attorno, può essere tratto qualcosa di ricco.
Oggi, il cosiddetto adolescente è uno che non si aspetta che venga assolutamente nulla di buono per lui da parte dell’adulto.
Questo perché malato.
Occorre ridargli la possibilità di percepirsi come figlio e come erede.
Finché l’insegnante, o il genitore... e usare queste parole non ha più senso perché poi si arriva anche fino al discorso dei conflitti di ruolo, degli insegnanti che si chiedono "fino a che punto finisce la mia funzione di insegnante e allora devo sostituire i genitori…" e sciocchezze di questo genere.
Sono soltanto conflitti di ruolo che non esistono, perché l’unico problema è che anche l’insegnante ha perso la sua posizione di soggetto.
È da ricostruire una relazione che sia capace di fare quella correzione di cui è stato parlato prima.
|