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Diagnostica del fatto e psicoanalisi - 1906

Si tratta di una conferenza tenuta da Freud su invito del Prof. Löffler, della Facoltà giuridica di Vienna, impegnata in un esperimento di "Diagnostica del fatto", tentativo di una sorta di "psicologia della testimonianza", basato su libere associazioni e mirante ad ottenere testimonianze o dichiarazioni più veritiere nell'ambito processuale.

Freud spiega le recenti ricerche psicologiche (esperienze di Wundt con le associazioni) basate su "parola-stimolo"-"reazione", intese come la domanda proposta a un soggetto e la sua più o meno repentina risposta (per esempio "ferro"-"via")
L'analisi dei risultati esamina solitamente quattro vie di variabili:
1. contenuto insolito della reazione;
2. prolungamento del tempo di reazione;
3. errore nella ri-produzione di risposte a successive ri-proposizioni di parole-stimolo identiche;
4. perseverazione, cioè il persistere di un certo tipo di reazioni anche a domande successive (pag. 244).

A questo punto Freud confronta i quattro punti di questa sperimentazione giuridica con l'esperienza del metodo psicoanalitico:
1. "deviazioni anche lievi dal modo consueto di esprimersi... come indizi di un senso nascosto";
2. pause e protrarsi del tempo di risposta che rappresentano l'indizio più importante della resistenza che mette in atto quell'atteggiamento critico che crea esitazione nel parlare, pur apparentemente senza motivo;
3. il cambiamento di piccoli particolari del racconto che si manifesta durante la tecnica di chiedere talvolta al paziente di raccontare nuovamente lo stesso sogno;
4. in psicoanalisi, "tutto è per così dire perseverazione", essa non è un evento sporadico... (pag. 246-248)

In questo modo Freud ha svolto un paragone tra l'isterico e il delinquente, pur con differenze fondamentali:
- il primo nasconde la verità a se stesso mentre il secondo la nasconde alla giustizia;
- nel primo vi è vera ignoranza dei fatti per rimozione (la resistenza proviene dall'inconscio), nel secondo vi è simulazione dell'ignoranza (la resistenza è perfettamente cosciente;
- il primo collabora per ottenere un guadagno (guarigione), il secondo se collaborasse ne avrebbe una perdita;
- per il primo si tratta di raggiungere una convinzione, per il secondo è il giudice che si deve convincere dei fatti (pag. 248);

Freud mette anche in guardia da due difficoltà:
- il caso del nevrotico "il quale reagisce in un modo come se fosse colpevole, pur essendo innocente, perchè un senso di colpa che già esisteva e covava in lui si impadronisce dell'accusa mossagli nel caso specifico": in questo caso egli dice "è una questione ancora dubbia se la vostra tecnica sarà in grado di distinguere questi autoaccusatori dai reali colpevoli" (pag. 249);
 - il limite dell'esperimento costituito dal fatto che "secondo il vostro codice di procedura penale, non vi è lecito cogliere alla sprovvista l'accusato in alcuna maniera. Dunque egli saprà che... si tratta di non tradirsi".

La proposta conclusiva di Freud è significativa: suggerisce che per alcuni anni (pur non sapendo se sarà possibile) gli "esperti" continuino la ricerca "senza che ai loro risultati sia consentito di influire sulla decisione della potestà giudicante". Dopo anni di comparazione tra i "giudizi virtuali" risultati dai dati sperimentali e i giudizi realmente emessi dai giudici, forse si potrebbe concludere qualcosa sulla utilità del nuovo metodo di indagine.
Insomma - tra le righe - andarci piano con l'onnipotenza di certa psicologia.